La contestazione della scrittura privata prodotta in giudizio

La contestazione della scrittura privata prodotta in giudizio
07 Maggio 2020: La contestazione della scrittura privata prodotta in giudizio 07 Maggio 2020

Con l’ordinanza n. 8213/2020, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla differenza tra la contestazione di conformità di una copia all’originale e il disconoscimento della scrittura privata.

Nel caso di specie, una Banca aveva prodotto nel giudizio di primo grado copia del contratto di negoziazione titoli sottoscritto dai propri clienti.
Questi ultimi, però, avevano contestato la conformità della copia del contratto all’originale.

Il Giudice di primo grado, in mancanza di prova contraria fornita dalla Banca, aveva dichiarato quindi il difetto di forma scritta del contratto di negoziazione titoli e la conseguente nullità dei due ordini di acquisto di obbligazioni, per l’importo complessivo di euro 258.000, condannando la Banca alla restituzione del predetto importo.

La Corte d’appello di Venezia aveva confermato la sentenza.

La Banca aveva quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra le altre, la violazione del d.lgs. n. 58 del 1998, art. 23 (TUF), nonché dell’art. 2719 c.c. e dell’art. 215 c.p.c., in relazione alla statuizione che aveva dichiarato l’inammissibilità della produzione in appello dei contratti originali e confermato la nullità del contratto di negoziazione, per non avere la Banca assolto all’onere di provare la conformità della copia del contratto di negoziazione titoli all’originale.

I Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso presentato dalla Banca, osservando anzitutto che la contestazione di conformità di una copia fotostatica all’originale ex art. 2719 c.c. non produce gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2.

Mentre infatti il disconoscimento, in mancanza di richiesta di verificazione preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione ai sensi dell’art. 2719 c.c., non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni” e, quindi, anche in mancanza della prova di conformità offerta dalla parte che ha prodotto in giudizio la copia fotostatica.

Ciò posto, quanto alla censurata inammissibilità della produzione documentale in sede di appello, la Cassazione ha ricordato che “prova nuova indispensabile, di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. dalla L. n. 134 del 2012, è quella idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margine di dubbio, oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie di primo grado”.

Di conseguenza, dovendo considerarsi il contratto originale prodotto per la prima volta in appello un “documento decisivo ai fini della dedotta nullità del contratto per carenza di forma scritta”, il Supremo Collegio ha dichiarato  non conforme a diritto la statuizione di inammissibilità della esibizione del contratto originale ai fini della valutazione di conformità della copia già prodotta in primo grado ed ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

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